Apex Legends
Il
genere Battle Royale ha segnato, negli ultimi anni, l’inizio di
un’epoca d’oro per i videogames. Volenti o nolenti, cominciando con PUBG, passando per Fortnite, fino alle trasposizioni in giochi più di massa e storici del calibro di Call of Duty e Battlefield (che
in realtà ancora attendiamo), i videogiocatori attirati da questo
fenomeno pressoché globale sono stati numerosi ed in rapida crescita. Il
tutto nonostante il contraddittorio fenomeno diffuso in rete e legato
ad un odio di una certa mole di utenza spesso spropositato ed in
giustificato per tale successo, un fenomeno che ha sempre più reso
delicato lo spirito di iniziativa delle software house volenterose a
cimentarsi in questa direzione. Qualcosa nell’ultimo periodo doveva
cambiare, certo, ma mai ci saremmo aspettati che il lancio a sorpresa
del nuovo progetto di Respawn Enterteinment, Apex Legends,
riuscisse a mescolare così velocemente le regole del gioco. Con più di
due milioni e mezzo di utenti unici connessi solo nei primi due giorni,
dieci nei primi tre e un milione di utenti simultanei, oltre a molti
famosi streamer su Twich scalpitanti per accaparrarsi fette di
spettatori continuamente fomentati ed incuriositi, abbiamo deciso anche
noi di approfondire il progetto e gettarci nella mischia per capire
quanto possa essere realmente solido o se si tratta di un semplice fuoco
di paglia.
Fortunatamente alla quantità sopperisce la qualità delle leggende disponibili; ciascun personaggio è dotato di un’abilità passiva, una attivabile dopo una discreta tempistica di ricarica, ed una super da sprigionare con più parsimonia dagli effetti ben più amplificati. Tutte le skills disponibili valorizzano il rispettivo campione e impreziosiscono il gameplay, non si impiegherà troppo tempo a trovare un preferito a seconda del proprio modo di giocare. Mirage, ad esempio, è ottimo per le imboscate grazie alla capacità di creare esche a sua immagine e somiglianza ed attirare il fuoco nemico nella direzione sbagliata, mentre Bloodhound e Gibraltar possono, rispettivamente, seguire le orme più recenti dei nemici ed alzare un piccolo scudo portatile ogni qualvolta si mira con l’arma impugnata.
Se già sotto questo aspetto riusciamo a rimanere sorpresi, anche il gunplay vero e proprio riesce a superare la nostra prova fin dai primi minuti di gioco; via i Titani, le corse sui muri o i doppi salti, rimangono le scivolate più lunghe ed uno shooting in generale più classico e pulito, votato alla rivalutazione dei riflessi del giocatore per avere la meglio sull’avversario. Tutto ciò grazie ad un buon numero di armi disponibili e da poter raccogliere sul campo di battaglia come nel più classico dei Battle Royale; dai fucili a pompa, cecchini, granate e mitragliette in numerose versioni con le apposite munizioni. Il sistema imbastito dal team di sviluppo funziona alla perfezione grazie ad un lavoro di bilanciamento tra tutte le meccaniche impostato e realizzato per la maggior parte a monte, e in parte ancora da scoprire. A maggior ragione, il time to kill risulta leggermente più alto rispetto alla media degli altri sparatutto, e se ci si equipaggia con le armature più rare si può dare inizio a scontri dove saranno necessari più caricatori per andare al tappeto.
Al termine di ogni match si acquisisce esperienza essenziale per salire di livello ed ottenere materiali e monete; i primi utili per sbloccare le più svariate skin estetiche per personaggi ed armi, oltre a numerose pose e frasi da battaglia, le seconde principalmente per aver accesso agli eroi bloccati. C’è anche una valuta speciale ottenibile tramite microtransazioni e le più classiche loot box, ma il tutto è solo per componenti puramente estetiche ed accessorie.
Tecnicamente Apex Legends riesce a mantenersi stabile sui 60 fps anche su console, con server che ben hanno attutito la mole spropositata di giocatori fin dal day one e con rari segni di cedimento. La resa generale dell’ambientazione è buona, dando addirittura il meglio nella realizzazione dei personaggi, nonostante si segnalino alcune texture nello specifico di bassa risoluzione e con caricamenti delle stesse a volte più lunghi del normale. Un risultato complessivamente valido e da apprezzare soprattutto sul lato dell’ottimizzazione.
La stoffa del Campione
Bastano pochi minuti per accorgersi quanto Apex Legends differisca dai precedenti titoli di Respawn Enterteinment, nonostante un baglio di esperienza sulle spalle tale da permettere al talentuoso team di mostrare sempre con furbizia qualcosa di innovativo capace di attirare l’attenzione dell’utenza. Parliamo di un Battle Royale a squadre da 3 giocatori, con una forte componente hero-shooter in pieno stile Overwatch, dove il tatticismo e la sorprendente accessibilità dominano la scena. Ambientato in un universo che strizza comunque l’occhio a Titanfall , possiamo scegliere tra 8 campioni (denominati “Legende”) con personalità e caratteristiche uniche, differenziati secondo le tradizionali sottoclassi: medico votato alle cure, assalto più propenso alle manovre offensive in prima linea, tank utile anche per le azioni difensive e di supporto, ricognizione fondamentale per studio planimetrico ed esplorazione del terreno circostante . Tra questi, 6 sono disponibili sin da subito mentre gli ultimi 2 necessitano di essere sbloccati tramite una moneta di gioco acquisibile anche in game. Il numero dei personaggi tra i quali scegliere non è elevato, certo, ma confidiamo in un supporto continuo che riesca ad aggiungerne al più presto per rimpinguare le file e dare una maggior possibilità di scelta al videogiocatore.Fortunatamente alla quantità sopperisce la qualità delle leggende disponibili; ciascun personaggio è dotato di un’abilità passiva, una attivabile dopo una discreta tempistica di ricarica, ed una super da sprigionare con più parsimonia dagli effetti ben più amplificati. Tutte le skills disponibili valorizzano il rispettivo campione e impreziosiscono il gameplay, non si impiegherà troppo tempo a trovare un preferito a seconda del proprio modo di giocare. Mirage, ad esempio, è ottimo per le imboscate grazie alla capacità di creare esche a sua immagine e somiglianza ed attirare il fuoco nemico nella direzione sbagliata, mentre Bloodhound e Gibraltar possono, rispettivamente, seguire le orme più recenti dei nemici ed alzare un piccolo scudo portatile ogni qualvolta si mira con l’arma impugnata.
Il
genere Battle Royale ha segnato, negli ultimi anni, l’inizio di
un’epoca d’oro per i videogames. Volenti o nolenti, cominciando con PUBG, passando per Fortnite, fino alle trasposizioni in giochi più di massa e storici del calibro di Call of Duty e Battlefield (che
in realtà ancora attendiamo), i videogiocatori attirati da questo
fenomeno pressoché globale sono stati numerosi ed in rapida crescita. Il
tutto nonostante il contraddittorio fenomeno diffuso in rete e legato
ad un odio di una certa mole di utenza spesso spropositato ed in
giustificato per tale successo, un fenomeno che ha sempre più reso
delicato lo spirito di iniziativa delle software house volenterose a
cimentarsi in questa direzione. Qualcosa nell’ultimo periodo doveva
cambiare, certo, ma mai ci saremmo aspettati che il lancio a sorpresa
del nuovo progetto di Respawn Enterteinment, Apex Legends,
riuscisse a mescolare così velocemente le regole del gioco. Con più di
due milioni e mezzo di utenti unici connessi solo nei primi due giorni,
dieci nei primi tre e un milione di utenti simultanei, oltre a molti
famosi streamer su Twich scalpitanti per accaparrarsi fette di
spettatori continuamente fomentati ed incuriositi, abbiamo deciso anche
noi di approfondire il progetto e gettarci nella mischia per capire
quanto possa essere realmente solido o se si tratta di un semplice fuoco
di paglia.
Fortunatamente alla quantità sopperisce la qualità delle leggende disponibili; ciascun personaggio è dotato di un’abilità passiva, una attivabile dopo una discreta tempistica di ricarica, ed una super da sprigionare con più parsimonia dagli effetti ben più amplificati. Tutte le skills disponibili valorizzano il rispettivo campione e impreziosiscono il gameplay, non si impiegherà troppo tempo a trovare un preferito a seconda del proprio modo di giocare. Mirage, ad esempio, è ottimo per le imboscate grazie alla capacità di creare esche a sua immagine e somiglianza ed attirare il fuoco nemico nella direzione sbagliata, mentre Bloodhound e Gibraltar possono, rispettivamente, seguire le orme più recenti dei nemici ed alzare un piccolo scudo portatile ogni qualvolta si mira con l’arma impugnata.
Se già sotto questo aspetto riusciamo a rimanere sorpresi, anche il gunplay vero e proprio riesce a superare la nostra prova fin dai primi minuti di gioco; via i Titani, le corse sui muri o i doppi salti, rimangono le scivolate più lunghe ed uno shooting in generale più classico e pulito, votato alla rivalutazione dei riflessi del giocatore per avere la meglio sull’avversario. Tutto ciò grazie ad un buon numero di armi disponibili e da poter raccogliere sul campo di battaglia come nel più classico dei Battle Royale; dai fucili a pompa, cecchini, granate e mitragliette in numerose versioni con le apposite munizioni. Il sistema imbastito dal team di sviluppo funziona alla perfezione grazie ad un lavoro di bilanciamento tra tutte le meccaniche impostato e realizzato per la maggior parte a monte, e in parte ancora da scoprire. A maggior ragione, il time to kill risulta leggermente più alto rispetto alla media degli altri sparatutto, e se ci si equipaggia con le armature più rare si può dare inizio a scontri dove saranno necessari più caricatori per andare al tappeto.
Al termine di ogni match si acquisisce esperienza essenziale per salire di livello ed ottenere materiali e monete; i primi utili per sbloccare le più svariate skin estetiche per personaggi ed armi, oltre a numerose pose e frasi da battaglia, le seconde principalmente per aver accesso agli eroi bloccati. C’è anche una valuta speciale ottenibile tramite microtransazioni e le più classiche loot box, ma il tutto è solo per componenti puramente estetiche ed accessorie.
Tecnicamente Apex Legends riesce a mantenersi stabile sui 60 fps anche su console, con server che ben hanno attutito la mole spropositata di giocatori fin dal day one e con rari segni di cedimento. La resa generale dell’ambientazione è buona, dando addirittura il meglio nella realizzazione dei personaggi, nonostante si segnalino alcune texture nello specifico di bassa risoluzione e con caricamenti delle stesse a volte più lunghi del normale. Un risultato complessivamente valido e da apprezzare soprattutto sul lato dell’ottimizzazione.
La stoffa del Campione
Bastano pochi minuti per accorgersi quanto Apex Legends differisca dai precedenti titoli di Respawn Enterteinment, nonostante un baglio di esperienza sulle spalle tale da permettere al talentuoso team di mostrare sempre con furbizia qualcosa di innovativo capace di attirare l’attenzione dell’utenza. Parliamo di un Battle Royale a squadre da 3 giocatori, con una forte componente hero-shooter in pieno stile Overwatch, dove il tatticismo e la sorprendente accessibilità dominano la scena. Ambientato in un universo che strizza comunque l’occhio a Titanfall , possiamo scegliere tra 8 campioni (denominati “Legende”) con personalità e caratteristiche uniche, differenziati secondo le tradizionali sottoclassi: medico votato alle cure, assalto più propenso alle manovre offensive in prima linea, tank utile anche per le azioni difensive e di supporto, ricognizione fondamentale per studio planimetrico ed esplorazione del terreno circostante . Tra questi, 6 sono disponibili sin da subito mentre gli ultimi 2 necessitano di essere sbloccati tramite una moneta di gioco acquisibile anche in game. Il numero dei personaggi tra i quali scegliere non è elevato, certo, ma confidiamo in un supporto continuo che riesca ad aggiungerne al più presto per rimpinguare le file e dare una maggior possibilità di scelta al videogiocatore.Fortunatamente alla quantità sopperisce la qualità delle leggende disponibili; ciascun personaggio è dotato di un’abilità passiva, una attivabile dopo una discreta tempistica di ricarica, ed una super da sprigionare con più parsimonia dagli effetti ben più amplificati. Tutte le skills disponibili valorizzano il rispettivo campione e impreziosiscono il gameplay, non si impiegherà troppo tempo a trovare un preferito a seconda del proprio modo di giocare. Mirage, ad esempio, è ottimo per le imboscate grazie alla capacità di creare esche a sua immagine e somiglianza ed attirare il fuoco nemico nella direzione sbagliata, mentre Bloodhound e Gibraltar possono, rispettivamente, seguire le orme più recenti dei nemici ed alzare un piccolo scudo portatile ogni qualvolta si mira con l’arma impugnata.
Insieme è meglio
Le possibilità legate alle peculiarità di ogni eroe di Apex Legends sono tantissime e vanno ad enfatizzare una sorprendente componente tattica all’interno del team legata alla necessità di cooperare con i propri compagni di squadra. Da qui si erge sorprendentemente sulle proprie gambe fin da subito un gameplay che convince tanto per la sua solidità quanto per l’accessibilità a meccaniche semplici, ma mai banali. Nell’unica modalità disponibile, gli sviluppatori hanno permesso un elevato livello di cooperazione grazie a comandi intuitivi e semplici anche per chi sprovveduto di cuffie o di amici, ed ha bisogno di affidarsi al classico matchmaking; con la semplice pressione di un dorsale si può indicare ai propri compagni un posto da raggiungere, individuare e segnalare un nemico, o anche aprire una ruota dei comandi per i più classici ed intuitivi dialoghi di squadra. Persino la fase di atterraggio iniziale può essere coordinata da un “Jumpmaster” adibito a comandate l’intera squadra per comodità e favorire manovre di squadra non appena comincia la partita. Geniale poi la possibilità di poter rianimare il compagno una volta ferito e, se viene eliminato definitivamente, entro un determinato lasso di tempo recuperare la medaglietta per farlo respawnare da apposite piattaforme ben sparpagliate per tutta la mappa.Se già sotto questo aspetto riusciamo a rimanere sorpresi, anche il gunplay vero e proprio riesce a superare la nostra prova fin dai primi minuti di gioco; via i Titani, le corse sui muri o i doppi salti, rimangono le scivolate più lunghe ed uno shooting in generale più classico e pulito, votato alla rivalutazione dei riflessi del giocatore per avere la meglio sull’avversario. Tutto ciò grazie ad un buon numero di armi disponibili e da poter raccogliere sul campo di battaglia come nel più classico dei Battle Royale; dai fucili a pompa, cecchini, granate e mitragliette in numerose versioni con le apposite munizioni. Il sistema imbastito dal team di sviluppo funziona alla perfezione grazie ad un lavoro di bilanciamento tra tutte le meccaniche impostato e realizzato per la maggior parte a monte, e in parte ancora da scoprire. A maggior ragione, il time to kill risulta leggermente più alto rispetto alla media degli altri sparatutto, e se ci si equipaggia con le armature più rare si può dare inizio a scontri dove saranno necessari più caricatori per andare al tappeto.
Quanto loot nel Canyon dei Re!
La mappa realizzata per Apex Legends si chiama “Canyon dei Re” ed è il contenitore ideale per mescolare sapientemente gli elementi di gameplay sopracitati. Un territorio ben differenziato, ma non eccessivamente grande, ideale per ospitare i 60 giocatori totali, denso di strutture e che solo raramente lascia spazio ad angoli anonimi e forse troppo scoperti rispetto alle meccaniche proposte. Il dislocamento poi di armi, perks ed equipaggiamenti vari necessita di qualche correzione sul lato della quantità: considerando che ci si sposta praticamente sempre in team è capitato qualche volta di troppo di ritrovarsi per i primi minuti senza armi o con pochissime munizioni in balia di qualche squadra ben più fornita. Niente di grave ovviamente, ma da gestire con un po’ più di parsimonia ( a favore di questo viene in aiuto anche l’ottimo layout dei menù che con immediatezza fanno capire cosa conviene portare e cosa no), in attesa di qualche piccolo intervento degli sviluppatori.Al termine di ogni match si acquisisce esperienza essenziale per salire di livello ed ottenere materiali e monete; i primi utili per sbloccare le più svariate skin estetiche per personaggi ed armi, oltre a numerose pose e frasi da battaglia, le seconde principalmente per aver accesso agli eroi bloccati. C’è anche una valuta speciale ottenibile tramite microtransazioni e le più classiche loot box, ma il tutto è solo per componenti puramente estetiche ed accessorie.
Tecnicamente Apex Legends riesce a mantenersi stabile sui 60 fps anche su console, con server che ben hanno attutito la mole spropositata di giocatori fin dal day one e con rari segni di cedimento. La resa generale dell’ambientazione è buona, dando addirittura il meglio nella realizzazione dei personaggi, nonostante si segnalino alcune texture nello specifico di bassa risoluzione e con caricamenti delle stesse a volte più lunghi del normale. Un risultato complessivamente valido e da apprezzare soprattutto sul lato dell’ottimizzazione.
Insieme è meglio
Le possibilità legate alle peculiarità di ogni eroe di Apex Legends sono tantissime e vanno ad enfatizzare una sorprendente componente tattica all’interno del team legata alla necessità di cooperare con i propri compagni di squadra. Da qui si erge sorprendentemente sulle proprie gambe fin da subito un gameplay che convince tanto per la sua solidità quanto per l’accessibilità a meccaniche semplici, ma mai banali. Nell’unica modalità disponibile, gli sviluppatori hanno permesso un elevato livello di cooperazione grazie a comandi intuitivi e semplici anche per chi sprovveduto di cuffie o di amici, ed ha bisogno di affidarsi al classico matchmaking; con la semplice pressione di un dorsale si può indicare ai propri compagni un posto da raggiungere, individuare e segnalare un nemico, o anche aprire una ruota dei comandi per i più classici ed intuitivi dialoghi di squadra. Persino la fase di atterraggio iniziale può essere coordinata da un “Jumpmaster” adibito a comandate l’intera squadra per comodità e favorire manovre di squadra non appena comincia la partita. Geniale poi la possibilità di poter rianimare il compagno una volta ferito e, se viene eliminato definitivamente, entro un determinato lasso di tempo recuperare la medaglietta per farlo respawnare da apposite piattaforme ben sparpagliate per tutta la mappa.Se già sotto questo aspetto riusciamo a rimanere sorpresi, anche il gunplay vero e proprio riesce a superare la nostra prova fin dai primi minuti di gioco; via i Titani, le corse sui muri o i doppi salti, rimangono le scivolate più lunghe ed uno shooting in generale più classico e pulito, votato alla rivalutazione dei riflessi del giocatore per avere la meglio sull’avversario. Tutto ciò grazie ad un buon numero di armi disponibili e da poter raccogliere sul campo di battaglia come nel più classico dei Battle Royale; dai fucili a pompa, cecchini, granate e mitragliette in numerose versioni con le apposite munizioni. Il sistema imbastito dal team di sviluppo funziona alla perfezione grazie ad un lavoro di bilanciamento tra tutte le meccaniche impostato e realizzato per la maggior parte a monte, e in parte ancora da scoprire. A maggior ragione, il time to kill risulta leggermente più alto rispetto alla media degli altri sparatutto, e se ci si equipaggia con le armature più rare si può dare inizio a scontri dove saranno necessari più caricatori per andare al tappeto.
Quanto loot nel Canyon dei Re!
La mappa realizzata per Apex Legends si chiama “Canyon dei Re” ed è il contenitore ideale per mescolare sapientemente gli elementi di gameplay sopracitati. Un territorio ben differenziato, ma non eccessivamente grande, ideale per ospitare i 60 giocatori totali, denso di strutture e che solo raramente lascia spazio ad angoli anonimi e forse troppo scoperti rispetto alle meccaniche proposte. Il dislocamento poi di armi, perks ed equipaggiamenti vari necessita di qualche correzione sul lato della quantità: considerando che ci si sposta praticamente sempre in team è capitato qualche volta di troppo di ritrovarsi per i primi minuti senza armi o con pochissime munizioni in balia di qualche squadra ben più fornita. Niente di grave ovviamente, ma da gestire con un po’ più di parsimonia ( a favore di questo viene in aiuto anche l’ottimo layout dei menù che con immediatezza fanno capire cosa conviene portare e cosa no), in attesa di qualche piccolo intervento degli sviluppatori.Al termine di ogni match si acquisisce esperienza essenziale per salire di livello ed ottenere materiali e monete; i primi utili per sbloccare le più svariate skin estetiche per personaggi ed armi, oltre a numerose pose e frasi da battaglia, le seconde principalmente per aver accesso agli eroi bloccati. C’è anche una valuta speciale ottenibile tramite microtransazioni e le più classiche loot box, ma il tutto è solo per componenti puramente estetiche ed accessorie.
Tecnicamente Apex Legends riesce a mantenersi stabile sui 60 fps anche su console, con server che ben hanno attutito la mole spropositata di giocatori fin dal day one e con rari segni di cedimento. La resa generale dell’ambientazione è buona, dando addirittura il meglio nella realizzazione dei personaggi, nonostante si segnalino alcune texture nello specifico di bassa risoluzione e con caricamenti delle stesse a volte più lunghi del normale. Un risultato complessivamente valido e da apprezzare soprattutto sul lato dell’ottimizzazione.
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