God of War Ghost of Sparta
La sovraesposizione mediatica cui l’antica città di Sparta è andata incontro nell’ultimo decennio non ha eguali: dalla graphic novel originale di Frank Miller al film campione di incassi realizzato da Zack Snyder, la civiltà guerriera di un popolo violento ma indomito ha conosciuto una seconda giovinezza. A questo revival ha contribuito, e non poco, Kratos, mastodontico combattente che fece, qualche anno fa, il suo fulgido esordio sugli schermi di una Playstation 2 allora nel pieno del proprio lungo e prolifico ciclo vitale, riscrivendo completamente i canoni del gioco d’azione, già profondamente scossi da Devil May Cry di Capcom. God of War si distinse subito per la violenza, la precisione nei controlli, la sensazione di potenza trasmessa dal protagonista e l’ambientazione mitologica, che ne decretarono un subitaneo e clamoroso successo. Oggi, dopo aver già avuto una eccellente declinazione portatile nell’osannato Chains of Olympus, uscito per PSP nel 2008, Kratos scende di nuovo in guerra sugli schermi della nostra fida Playstation Portable.
Oh brother, where art thou?
Stavolta gli spettri che tormentano il nostro possente eroe riguardano il fratello, Deimos, da cui fu separato in infanzia, e del quale Kratos conserva un ricordo sbiadito, ingiallito dal troppo tempo trascorso: l’arco narrativo si pone cronologicamente tra il primo ed il secondo episodio della saga, quando cioè aveva già avuto luogo la prima delle fatiche di Kratos, appena elevatosi a dio dell’Olimpo. Ancora una volta, la vendetta sarà la molla che farà scattare l’ingranaggio degli eventi, e il gioco, infarcito di flashback dolorosi quanto lacunosi, ci mostrerà un personaggio mai così nudo e umano, con le sue debolezze e i suoi incubi, sfoggiando un comparto narrativo ben più profondo e rilevante all’interno dell’economia della saga di quanto non avesse fatto il pur eccellente Chains of Olympus.
La dannazione cui è stato condannato Deimos è in realtà una punizione ancora più severa per Kratos, incalzato per tutta l’avventura da visioni, ricordi angosciosi, sguardi pieni di paura, che nemmeno i suoi poderosi muscoli e le lame di Atena (che ritornano come arma principale) riescono a scacciare.
Stavolta gli spettri che tormentano il nostro possente eroe riguardano il fratello, Deimos, da cui fu separato in infanzia, e del quale Kratos conserva un ricordo sbiadito, ingiallito dal troppo tempo trascorso: l’arco narrativo si pone cronologicamente tra il primo ed il secondo episodio della saga, quando cioè aveva già avuto luogo la prima delle fatiche di Kratos, appena elevatosi a dio dell’Olimpo. Ancora una volta, la vendetta sarà la molla che farà scattare l’ingranaggio degli eventi, e il gioco, infarcito di flashback dolorosi quanto lacunosi, ci mostrerà un personaggio mai così nudo e umano, con le sue debolezze e i suoi incubi, sfoggiando un comparto narrativo ben più profondo e rilevante all’interno dell’economia della saga di quanto non avesse fatto il pur eccellente Chains of Olympus.
La dannazione cui è stato condannato Deimos è in realtà una punizione ancora più severa per Kratos, incalzato per tutta l’avventura da visioni, ricordi angosciosi, sguardi pieni di paura, che nemmeno i suoi poderosi muscoli e le lame di Atena (che ritornano come arma principale) riescono a scacciare.
L’arte della guerra
A fronte, quindi, di un comparto narrativo decisamente più sostanzioso di quello della precedente iterazione portatile, Ghost di Sparta propone lo stesso, frenetico, adrenalinico e violentissimo gameplay, che anche stavolta ci vedrà opposti, nei panni dello spartano più possente di sempre (non ce ne voglia il Leonida eccellentemente impersonato da Gerard Butler), ad una schiera infinita di mostri dei più svariati, presi a prestito dal florido immaginario mitologico, dalle gorgoni ai ciclopi, passando per dei tritoni. Squadra che vince non si cambia, e così i ragazzi di Ready At Dawn, già responsabili del precedente lavoro portatile, hanno badato ad affinare invece che a stravolgere una formula già ampiamente vincente, creando un meccanismo virtualmente perfetto. Il giocatore che già aveva avuto modo di accompagnare Kratos in una delle sue precedenti avventure, e in particolare nel più volte citato episodio per Playstation Portable, troverà tutto al suo posto, dalla disposizione dei tasti ai Quick Time Event, uno dei marchi distintivi di questa gloriosa saga, ma noterà un affinamento nella risposta ai comandi, adesso davvero precisa al millimetro, una nuova gamma di mosse, tra cui spicca una potente (anche se abbastanza lenta) combinazione di lancia e scudo particolarmente utile contro i nemici a distanza, e una sensazione di potenza ancora amplificata, a restituire davvero l’impressione che qualsiasi cosa si pari dinanzi a Kratos possa essere spazzata via in un batter d’occhio. Le meccaniche di gioco sono quanto di meglio si sia visto in campo portatile a livello action, e facciamo sinceramente fatica ad immaginare un livello di precisione, soddisfazione e violenza maggiori di quelli raggiunti dopo un corpo a corpo con uno dei mostri che popolano la Grecia Antica: il tempismo e la velocità d’esecuzione sono armi necessarie se non si vuole assistere ad un prematuro game over, e questo probabilmente non favorirà, nonostante l’ottima distribuzione di punti di salvataggio, una fruizione troppo “casual” del titolo Sony, nel quale, anche solo un attimo di distrazione può significare una morte istantanea. Il titolo, rigorosamente 18+, fa della violenza una freccia al suo arco, immergendo il giocatore in un mondo spietato e sanguinario, nel quale vige ferrea la legge del più forte, ottimo come via di fuga dopo una dura giornata di lavoro, per sfogare adrenalina in eccesso e antipatie represse, senza per questo rimetterci un servizio di piatti (o peggio ancora la nostra console portatile preferita): Ghost of Sparta è legame diretto tra mente e mano, è violenza con un fine ben preciso, è cattiveria mista a velocità d’esecuzione. E, sicuramente, è il miglior action game della ormai più che quinquennale line up di PSP. Ciononostante, il gameplay non è esente da difetti, invero marginali, che però non possiamo non riportare: innanzitutto, abbiamo trovato molto scomoda la combinazione di tasti (pressione contemporanea dei due dorsali più l’analogico nella direzione desiderata) necessaria per portare a termine una delle mosse non solo più comode, ma addirittura imprescindibili all’interno dell’economia del gioco, ovvero la schivata rapida con scartata laterale. Molte delle epiche boss fight richiedono un uso massiccio di questa tecnica, pena un game over ripetuto e avvilente, e sinceramente ci sembra che una mossa di tale importanza e legata al tempismo si sarebbe potuta deputare ad uno dei quattro tasti frontali. Discorso affine per gli enigmi, la cui semplicità e decontestualizzazione dalla normale azione di gioco è imbarazzante: siamo d’accordo sul fatto che God of War sia una saga muscolare ma riteniamo che degli enigmi più stimolanti, e che sapessero esulare dallo “sposta la cassa e tira la leva”, avrebbero potuto donare una maggiore varietà all’azione, che altrimenti si riduce ad un forsennato, per quanto entusiasmante, button mashing sui tasti adibiti all’attacco (che, per la cronaca, sono ancora quadrato per un attacco rapido ma meno potente e triangolo per uno più lento ma decisamente più devastante).
A fronte, quindi, di un comparto narrativo decisamente più sostanzioso di quello della precedente iterazione portatile, Ghost di Sparta propone lo stesso, frenetico, adrenalinico e violentissimo gameplay, che anche stavolta ci vedrà opposti, nei panni dello spartano più possente di sempre (non ce ne voglia il Leonida eccellentemente impersonato da Gerard Butler), ad una schiera infinita di mostri dei più svariati, presi a prestito dal florido immaginario mitologico, dalle gorgoni ai ciclopi, passando per dei tritoni. Squadra che vince non si cambia, e così i ragazzi di Ready At Dawn, già responsabili del precedente lavoro portatile, hanno badato ad affinare invece che a stravolgere una formula già ampiamente vincente, creando un meccanismo virtualmente perfetto. Il giocatore che già aveva avuto modo di accompagnare Kratos in una delle sue precedenti avventure, e in particolare nel più volte citato episodio per Playstation Portable, troverà tutto al suo posto, dalla disposizione dei tasti ai Quick Time Event, uno dei marchi distintivi di questa gloriosa saga, ma noterà un affinamento nella risposta ai comandi, adesso davvero precisa al millimetro, una nuova gamma di mosse, tra cui spicca una potente (anche se abbastanza lenta) combinazione di lancia e scudo particolarmente utile contro i nemici a distanza, e una sensazione di potenza ancora amplificata, a restituire davvero l’impressione che qualsiasi cosa si pari dinanzi a Kratos possa essere spazzata via in un batter d’occhio. Le meccaniche di gioco sono quanto di meglio si sia visto in campo portatile a livello action, e facciamo sinceramente fatica ad immaginare un livello di precisione, soddisfazione e violenza maggiori di quelli raggiunti dopo un corpo a corpo con uno dei mostri che popolano la Grecia Antica: il tempismo e la velocità d’esecuzione sono armi necessarie se non si vuole assistere ad un prematuro game over, e questo probabilmente non favorirà, nonostante l’ottima distribuzione di punti di salvataggio, una fruizione troppo “casual” del titolo Sony, nel quale, anche solo un attimo di distrazione può significare una morte istantanea. Il titolo, rigorosamente 18+, fa della violenza una freccia al suo arco, immergendo il giocatore in un mondo spietato e sanguinario, nel quale vige ferrea la legge del più forte, ottimo come via di fuga dopo una dura giornata di lavoro, per sfogare adrenalina in eccesso e antipatie represse, senza per questo rimetterci un servizio di piatti (o peggio ancora la nostra console portatile preferita): Ghost of Sparta è legame diretto tra mente e mano, è violenza con un fine ben preciso, è cattiveria mista a velocità d’esecuzione. E, sicuramente, è il miglior action game della ormai più che quinquennale line up di PSP. Ciononostante, il gameplay non è esente da difetti, invero marginali, che però non possiamo non riportare: innanzitutto, abbiamo trovato molto scomoda la combinazione di tasti (pressione contemporanea dei due dorsali più l’analogico nella direzione desiderata) necessaria per portare a termine una delle mosse non solo più comode, ma addirittura imprescindibili all’interno dell’economia del gioco, ovvero la schivata rapida con scartata laterale. Molte delle epiche boss fight richiedono un uso massiccio di questa tecnica, pena un game over ripetuto e avvilente, e sinceramente ci sembra che una mossa di tale importanza e legata al tempismo si sarebbe potuta deputare ad uno dei quattro tasti frontali. Discorso affine per gli enigmi, la cui semplicità e decontestualizzazione dalla normale azione di gioco è imbarazzante: siamo d’accordo sul fatto che God of War sia una saga muscolare ma riteniamo che degli enigmi più stimolanti, e che sapessero esulare dallo “sposta la cassa e tira la leva”, avrebbero potuto donare una maggiore varietà all’azione, che altrimenti si riduce ad un forsennato, per quanto entusiasmante, button mashing sui tasti adibiti all’attacco (che, per la cronaca, sono ancora quadrato per un attacco rapido ma meno potente e triangolo per uno più lento ma decisamente più devastante).
Dio dei poligoni
Se, pur sottolineandone l’importanza non primaria, abbiamo mosso delle critiche ad un sistema di gioco sì eccellente ma fondamentalmente vecchio di cinque anni (tanti ne sono passati dal primo dalla nascita della saga), anche il più pignolo e incontentabile dei recensori farebbe fatica a trovare difetti sul versante tecnico, e grafico in particolare. Ghost of Sparta è un’autentica gioia per gli occhi, un concentrato di scenari mozzafiato, inquadrature cinematografiche, modelli poligonali dettagliati e splendidamente animati, il tutto ad una fluidità impensabile per una console portatile, degna del recente terzo episodio su Playstation 3. Insieme a Metal Gear Solid Peace Walker, il titolo made in Sony rappresenta, ad oggi, quanto di meglio i chip grafici di Playstation Portable possano supportare, e questo vale anche per le numerose cut scene, nelle quali il livello di dettaglio sale ancora, ad offrire uno spettacolo che fa sorgere (più che lecite) domande sull’effettiva necessità di una fantomatica PSP 2. Le musiche, gli effetti sonori ed il doppiaggio, in questo contesto, finiscono con l’essere apprezzati meno di quanto meriterebbero perché tutti i sensi sono rapiti dalle mirabilie grafiche di cui l’ultima fatica dei Ready at Dawn è capace, ma, se presi a sé, sono altrettanto stupefacenti, tanto nella versione con doppiaggio in inglese, quanto in quella nostrana, ben recitata e con voci (quasi) sempre azzeccate alle controparti su schermo. Un altro storico tallone di Achille, la longevità, rimane uno degli aspetti in cui la produzione presta il fianco a delle critiche, dato che, al livello di difficoltà standard, abbiamo visto i titoli di coda dopo poco meno di otto ore, decisamente scarse per un titolo venduto a prezzo pieno e che, nonostante gli incentivi alla rigiocabilità e il livello di difficoltà selezionabile, potrebbe non essere ripreso in mano una seconda volta, se non a distanza di diversi mesi.
Se, pur sottolineandone l’importanza non primaria, abbiamo mosso delle critiche ad un sistema di gioco sì eccellente ma fondamentalmente vecchio di cinque anni (tanti ne sono passati dal primo dalla nascita della saga), anche il più pignolo e incontentabile dei recensori farebbe fatica a trovare difetti sul versante tecnico, e grafico in particolare. Ghost of Sparta è un’autentica gioia per gli occhi, un concentrato di scenari mozzafiato, inquadrature cinematografiche, modelli poligonali dettagliati e splendidamente animati, il tutto ad una fluidità impensabile per una console portatile, degna del recente terzo episodio su Playstation 3. Insieme a Metal Gear Solid Peace Walker, il titolo made in Sony rappresenta, ad oggi, quanto di meglio i chip grafici di Playstation Portable possano supportare, e questo vale anche per le numerose cut scene, nelle quali il livello di dettaglio sale ancora, ad offrire uno spettacolo che fa sorgere (più che lecite) domande sull’effettiva necessità di una fantomatica PSP 2. Le musiche, gli effetti sonori ed il doppiaggio, in questo contesto, finiscono con l’essere apprezzati meno di quanto meriterebbero perché tutti i sensi sono rapiti dalle mirabilie grafiche di cui l’ultima fatica dei Ready at Dawn è capace, ma, se presi a sé, sono altrettanto stupefacenti, tanto nella versione con doppiaggio in inglese, quanto in quella nostrana, ben recitata e con voci (quasi) sempre azzeccate alle controparti su schermo. Un altro storico tallone di Achille, la longevità, rimane uno degli aspetti in cui la produzione presta il fianco a delle critiche, dato che, al livello di difficoltà standard, abbiamo visto i titoli di coda dopo poco meno di otto ore, decisamente scarse per un titolo venduto a prezzo pieno e che, nonostante gli incentivi alla rigiocabilità e il livello di difficoltà selezionabile, potrebbe non essere ripreso in mano una seconda volta, se non a distanza di diversi mesi.
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